Femminicidio. È una parola che utilizziamo da
anni, che abbiamo scritto tante e tante volte per denunciare quello che
accade in Italia e in altri Paesi, per informare e fare capire che
quello che avviene intorno a noi non è un caso, non è il frutto di un
raptus di follia, non è passione, non è gelosia, non è amore. Sembra non
essere chiaro per nessuno: per la cosiddetta società civile, per i
media, per la politica.
Proprio qualche settimana fa “Ragazze interrotte –
Sel” ha lanciato in rete un manifesto che ha un’immagine di due mani
giovani che s’intrecciano e lo slogan dice “Niente è come sembra. Non è
amore ma assassinio”. Un modo chiaro per mettere in evidenza dove nasce
la violenza e dove bisogna intervenire. Bisogna fare i conti con questo,
con il nostro mondo non con quello che pensiamo appartenga sempre agli
“altri“.
Noi, la cosiddetta società civile, quella che non si
tira mai indietro se c’è da firmare un appello, da scendere in piazza,
da inorridire davanti alla morte di una ragazza come Vanessa. Quella
stessa società civile che poi però – con la stessa scioccante
convinzione – si lascia andare a insulti violenti nei confronti delle
donne che non conducono vite “appropriate”, che – secondo la barbara
logica dominante – avrebbero una condotta che favorirebbe la violenza.